La Burrata pugliese prodotta nelle Murge, con epicentro ad Andria, ha deciso di iniziare il cammino che dovrà sfociare in una più ampia tutela della propria particolarità. Il formaggio fresco di latte vaccino, infatti, appoggiandosi ad un consorzio di tutela recentemente riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha intrapreso il cammino di trasformazione teso a ricevere l’investitura di prodotto a Denominazione di origine protetta (Dop), rispetto all’attuale indicazione geografica protetta (Igp). Un passo molto importante che potrebbe preludere ad un ulteriore sviluppo commerciale per il formaggio pugliese, sempre più presente sui mercati mondiali, ma il quale intanto ha provocato non poche polemiche a causa della concomitante presenza della mozzarella DOP prodotta ad esempio a Gioia del Colle, che viene a sua volta indicato alla stregua di Burrata o di mozzarella. Polemiche abbastanza comprensibili, considerato proprio il successo sempre maggiore della Burrata a livello internazionale.

Cos’è la burrata di Andria

La Burrata di Andria IGP, come abbiamo già sottolineato è un formaggio fresco prodotto con latte vaccino. Lo si ottiene unendo panna e formaggio a pasta filata. Se l’involucro è costituito esclusivamente da pasta filata, proprio al suo interno è invece racchiuso un cuore formato da una miscela di panna e pasta filata sfilacciata, una vera e propria esplosione di gusto che sta conquistando sempre più adepti, in ogni parte del mondo.
Un successo sempre più notevole, tanto da spingere il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, a precisare che i pugliesi devono “accontentarsi” della Burrata, in quanto la mozzarella sarebbe solo campana. Resta da vedere se la precisazione di De Luca avrà un qualsiasi interesse per i tanti amanti dell’alimentare Made in Italy sparsi in giro per il mondo i quali esigono appunto il formaggio fresco pugliese e non la pur ottima mozzarella campana.

La storia della Burrata di Andria

La storia della Burrata inizia in epoca abbastanza recente, ovvero a cavallo delle due guerre mondiali del secolo passato. L’inventore di questa prelibatezza, secondo i racconti tramandati oralmente nella zona, sarebbe da attribuire ad in certo Lorenzo Bianchino, un maestro casaro di Andria stanco di vedere sprecati i resti delle lavorazioni. L’idea, in particolare, sarebbe nata in seguito ad una forte nevicata che avrebbe impedito il trasferimento di quanto prodotto sino a quel momento sui tradizionali mercati cittadini. Proprio per non dover buttare il tutto, Bianchino avrebbe dunque pensato a trasformare la panna o crema che naturalmente affiorava in superficie, in modo da poterla riutilizzare seguendo il concetto di produzione delle mantèche, ovvero gli involucri di pasta filata stagionata in cui viene conservato il burro.
Una trovata che andava in pratica a sublimare un concetto già in voga nella cultura contadina, nella quale si cerca di eliminare lo spreco riutilizzando tutto ciò che è possibile. Il prodotto fresco che ne derivò, ottenuto  dalla fusione dei residui della lavorazione della pasta filata con la panna per poi avvolgere il tutto in un involucro fatto anch’esso di pasta filata iniziò a far parlare di sé a partire dal 1931. Proprio in quell’anno, infatti, la Guida del Touring Club iniziò a rafforzare a livello nazionale la fama di questo formaggio fresco, aiutandone notevolmente la diffusione. Il successo della Burrata di Andria fu subito travolgente, tanto da varcare i confini nazionali e si giovò in particolare dell’appoggio dello Scià di Persia, immediatamente conquistato dal suo straordinario gusto, tanto da trasformarsi in uno dei maggiori estimatori. I tanti adepti si dimostrarono ben disposti a perdonare di buon grado l’eccesso di calorie che è il naturale sbocco del consumo del formaggio pugliese proprio in nome di un gusto semplice, ma al contempo conturbante. Un giudizio condiviso del resto dai tanti amanti della cucina mediterranea sempre alla ricerca di prodotti semplici, genuini e poco elaborati.

La Burrata pugliese prodotta nelle Murge, con epicentro ad Andria, ha deciso di iniziare il cammino che dovrà sfociare in una più ampia tutela della propria particolarità. Il formaggio fresco di latte vaccino, infatti, appoggiandosi ad un consorzio di tutela recentemente riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha intrapreso il cammino di trasformazione teso a ricevere l’investitura di prodotto a Denominazione di origine protetta (Dop), rispetto all’attuale indicazione geografica protetta (Igp). Un passo molto importante che potrebbe preludere ad un ulteriore sviluppo commerciale per il formaggio pugliese, sempre più presente sui mercati mondiali, ma il quale intanto ha…
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