L’intolleranza al lattosio è un problema di non poco conto, se solo si pensa che in base alle statistiche ne soffrono milioni di italiani. Se i dati ufficiali indicano nel 40% la percentuale di nostri connazionali che devono conviverci, secondo alcuni esperti essa si innalzerebbe addirittura oltre il 56%, in quanto molte persone non sanno di averla, correndo quindi notevoli rischi. Quando si presentano i problemi ad essa collegati, come i dolori o il gonfiore dell’addome, episodi di diarrea ripetuta o flatulenza, la cosa migliore da fare è ricorrere al breath test, che è in grado di stabilire se essi siano da ricondursi proprio all’intolleranza da lattosio.
Cosa è l’intolleranza al lattosio
Per intolleranza al lattosio si indica l’incapacità di digerire correttamente lo zucchero contenuto nel latte, causata in particolare da una presenza insufficiente dell’enzima lattasi. Il disturbo può essere di origine genetica, e perciò comparire già nel corso dell’infanzia, oppure manifestarsi in età adulta, avendo origine nell’intestino tenue. Il lattosio infatti è un disaccaride il quale per essere digerito in maniera corretta dal nostro organismo deve prima essere scomposto nei due zuccheri semplici che lo compongono, ovvero il glucosio e il galattosio. Il processo di scissione ha luogo proprio nell’intestino tenue ad opera dell’enzima lattasi, che come tutte le sostanze di questo genere ha come suo compito principale quello di facilitare l’assimilazione di specifici cibi scomponendoli in modo da ridurli a elementi più semplici. Ove se ne riscontri la carenza o addirittura l’assenza, il lattosio non può quindi essere digerito restando nel lume intestinale ove opera la fermentazione.
La scelta dei produttori
Proprio alla luce delle statistiche, i produttori di formaggi e yogurt, ovvero di alimenti che utilizzano il latte come base, hanno dovuto fare una scelta in grado di non tagliare fuori dalle loro politiche commerciali milioni di consumatori. Hanno cioè deciso di dare vita ad alimenti in cui la percentuale di lattosio viene abbattuta in maniera notevole, facendo rientrare i prodotti su percentuali in linea con quelle indicate dagli organismi sanitari che si occupano in particolare di corretta alimentazione. Anche se occorre sottolineare come neanche su questa tematica sia finora stato possibile riscontrare una totale unanimità di vedute, in quanto l’intolleranza al lattosio si presenta con livelli diversi a seconda delle soglie di resistenza degli interessati. Ne consegue quindi una serie di raccomandazioni, ma non l’obbligo di legge che potrebbe tagliare definitivamente la testa al toro e dare vita ad un quadro normativo esaustivo.
Ora è possibile trovare anche il caciocavallo senza lattosio
Anche il Caciocavallo, antichissimo formaggio prodotto in diverse aree dell’Italia meridionale, viene ora prodotto senza lattosio, proprio al fine di non escludere dal suo consumo una fascia di potenziali utenti molto estesa. Nonostante il suo nome il Caciocavallo non ha nulla a che fare con gli equini e, anzi, l’appellativo di questo formaggio deriva appunto dal termine “cacio”, ovvero un sinonimo di formaggio, e dal fatto che le sue forme venivano appese a “cavallo” di una trave al fine di favorirne la stagionatura. Se poi si fa riferimento al vernacolo parlato in Puglia, una delle zone tipiche in cui esso viene prodotto, il formaggio è noto generalmente con il termine “cazzecavadde”. Si tratta di un formaggio a pasta filata non cotta, la cui produzione si giova quasi esclusivamente dell’impiego di latte vaccino o, in alternativa, ma in misura nettamente minore, dell’utilizzo del latte di bufala. A contraddistinguerlo immediatamente rispetto ad altri prodotti caseari non meno famosi, è proprio la forma paragonabile a quella di una pera. Una forma insolita da cui deriva l’appellativo di “peretta”, utilizzato per indicarlo in alcune aree della Sardegna.
Sul mercato sono disponibili diverse varianti di questo formaggio, tra le quali, le più note sono certamente il Podolico, il Silano (DOP ormai dal 1996), il Ragusano, il Siciliano, quelli di Godrano e D’Agnone. Il più noto è comunque il primo, la cui produzione avviene a partire da latte di vacche di razza podolica, ormai poco diffuse, per il quale occorre segnalare in particolare la varietà del Gargano e quella della Basilicata: la prima è oggetto di un processo di stagionatura che può arrivare addirittura fino a una decina di anni, portato avanti all’interno di grotte naturali, mentre la seconda varietà prevede una stagionatura che può durare in alcuni casi sino a cinque anni.
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Un articolo completo sul caciocavallo senza lattosio